CNA, IL MONDO DEL BROADCAST IN FERMENTO

La confederazione degli artigiani apre una sezione Broadcast


La pandemia, l’emergenza sanitaria e la conseguente crisi economica stanno scuotendo in maniera rilevante le nostre vite e il settore dell’audiovisivo fra quelli colpiti. Le attuali difficoltà sono conseguenze della situazione generale, ma il processo di delegittimazione del lavoro è iniziato ben prima. In risposta, nell’ultimo anno, sono state diverse le associazioni di categoria venute alla luce, ma non sono mancate anche manifestazioni e denunce. Da qualche tempo i service, gli appalti, le convenzioni RAI, sono sul piede di guerra relativamente ai nuovi contratti proposti dal servizio pubblico e hanno deciso di riunirsi sotto un’unica sigla, CNA. Abbiamo fatto due chiacchiere con Gianpiero Capecchi direttore della fotografia, documentarista e membro della Presidenza Nazionale di CNA cinema e audiovisivo. Come ha ben spiegato Capecchi, la confederazione nazionale degli artigiani della piccola e media impresa esiste da più di quarant’annied è strutturata con dei raggruppamenti che si occupano di tematiche specifiche. Il “nostro” raggruppamento è nato da prima per occuparsi delle tematiche del cinema e negli ultimi anni si è interessato anche al settore dell’audiovisivo e nello specifico sui rapporti fra le imprese di CNA e i broadcaster. Questo per via delle istanze che sono pervenute a CNA dalle imprese iscritte e relative alle problematiche contrattuali, ma non solo. Spiega Capecchi. CNA è una confederazione datoriale ossia un “sindacato di datori di lavoro”; rappresenta e tutela gli interessi della categoria di appartenenza, fornisce servizi collettivi e può essere definita a tutti gli effetti una delle cosiddette “parti sociali”, che periodicamente si incontrano a livello nazionale per definire insieme a sindacati e Governo la stipula e i rinnovi dei CCNL.
Nello specifico CNA siede al tavolo del Ministero dei beni culturali, ha redatto insieme al Ministero la legge cinema in Italia ed è presente quotidianamente a incontri e interlocuzioni con la politica; ad esempio CNA due anni fa si è seduta al tavolo con i massimi vertici RAI per discutere le tematiche più scottanti. La difficoltà maggiore in questa fase è la mancanza di una presenza autorevole attenta alle suddette tematiche perché i vertici della stessa azienda si rinnoveranno il 15 giugno: e in questo momento, prosegue Capecchi, – RAI sta adottando politiche nei confronti dei services che sono da attenzionare e CNA sarà presente negli ambiti di competenza politici ed economici per tutelarne gli interessi.-
Le problematiche che riguardano il settore in Italia sono trasversali e la Confederazione ha nelle intenzioni di affrontarle partendo da RAI ma anche dai grandi broadcast.
Il mondo del broadcast è in fermento: BTI, ANIBA sono associazioni di categoria nate nell’ultimo anno e CNA è aperta al dialogo in quanto i problemi comuni possono essere affrontati insieme.
Capecchi pone poi l’accento sullo stridente contrasto del costo del lavoro: – è chiaro che se le imprese sono costrette ad accettare delle tariffe che sono troppo basse e fuori mercato, le stesse per avere un piccolo guadagno o fare un pareggio di bilancio dovranno tagliare i costi e nel nostro settore i tagli possono essere effettuati sull’attrezzatura o sul costo del personale. Va da sé che oggi l’aggiornamento tecnologico è talmente veloce che i tagli nello specifico possono essere rimandati per brevi periodi e di conseguenza lo scotto maggiore della crisi globale lo stanno pagando i lavoratori. E questo non è sostenibile. È chiaro che se l’impresa non fa utile, i lavoratori soffrono di queste ricadute, bisogna salvaguardare gli interessi delle imprese, bisogna fare attenzione alle modalità lavorative e verificare che vengano rispettati i CCNL; questo significa garantire i lavoratori e garantire la sopravvivenza delle imprese perché le due cose sono strettamente legate. Continua Capecchi: – l’Interesse dell’impresa e l’interesse del lavoratore, secondo il mio punto di vista e il punto di vista di CNA, vanno di pari passo. Infine fa un paragone con l’estero dove hanno continuato a investire difendendo le produzioni dell’audiovisivo interno, mentre in Italia i broadcaster si affidano molto alle produzioni del mercato estero sfavorendo quelle interne -.
Questa è un’anomalia tutta italiana che secondo CNA deve essere risolta.